Ortomercato e fiere, Milano nuovo hub dell’agroalimentare

Milano si candida a diventare sempre di più l’hub italiano del settore agroalimentare. Prima la Fiera di Milano lancia Tuttofood, che ieri ha tagliato i nastri della sua settima edizione e che vuole fare concorrenza a Cibus di Fiere di Parma. Poi la stessa Tuttofood quest’anno si ingrandisce, e aggiunge la sezione Tuttowine per fare concorrenza al Vinitaly della Fiera di Verona. Infine, ci si mette anche il progetto della Sogemi, la società per azioni che per conto del Comune di Milano gestisce i mercati alimentari all’ingrosso della città, e che intende trasformare il vecchio Ortomercato nato negli anni 6o in un moderno centro nevralgico del food e dei servizi ad esso collegati: dal packaging alla logistica, dal marketing all’export. Sul modello delle più grandi città europee. Il progetto, che ha avuto l’ok del Comune di Milano a febbraio del 2018, prevede un investimento complessivo di oltre 100 milioni di euro, 50% del Comune e 50% provenienti dalle banche. A che punto siamo? «La procedura per selezionare l’istituto di credito è quasi terminata – racconta il presidente di Sogemi, Cesare Ferrero – in lizza sono rimasti solo due candidati, il Banco Popolare e Ubi. Entro fine giugno procederemo alla scelta, poi partiremo con le gare d’appalto per la progettazione esecutiva: la prima gara sarà quella per costruire la piattaforma logistica». 

E’ la prima volta, che il Mercato agroalimentare di Milano sbarca con uno stand a Tuttofood. Nell’insegna ha già incorporato Foody, la mascotte di Expo 2015 il cui marchio ha acquistato l’anno scorso. Anche questo fa parte del nuovo look del mercato all’ingrosso cittadino, così come il marchio Mim -Mercato ittico milanese – lanciato a dicembre per la sezione pesce. L’immagine vuole la sua parte. Ma nella mente, Cesare Ferrero ha solo i grandi mercati all’ingrosso europei, quello di Parigi soprattutto: «Sa quanto fattura Rungis? Centoquindici milioni di euro all’anno. Noi solo 15.  Abbiamo vent’anni di ritardo da recuperare. Ma mi accontenterei di crescere di 30-40 milioni per raggiungere Madrid, oppure di 20 e diventare come Barcellona». Sul maxi-progetto dell’hub agroalimentare Ferrero si è giocato la conferma alla presidenza della Sogemi, che dovrebbe arrivare il 21 di maggio: «Inaugureremo il nuovo Mercato agroalimentare di Milano nel 2021 come promesso», assicura. Cosa ci sarà? Oltre a un padiglione tutto nuovo per l’ortofrutta, ci saranno una piattaforma logistica innovativa che sarà punto di riferimento per tutta una serie di attività imprenditoriali complementari, dalla lavorazione dei prodotti freschi al packaging. Anche Palazzo Affari verrà rinnovato, per diventare un punto di riferimento per tutte le aziende e i professionisti che offrono servizi collegati all’industria agroalimentare, con tanto di nuovi spazi lavorativi di smartworking e di co-working. Nel nuovo Foody si faranno anche ricerca sulla sicurezza alimentare e formazione: sul marketing, sull’import export, «persino sulla cucina – anticipa Ferrero – durante la mia ultima visita al mercato generale di Barcellona, erano in corso lezioni su come si gestisce un punto vendita alimentare in città». L’obiettivo, insomma, è quello di incrementare il business dei mercati generali ampliando la gamma dei servizi che vengono offerti: «Vogliamo dialogare direttamente con la grande distribuzione e con i grandi player dell’e-commerce – spiega Ferrero – non voglio fare concorrenza a Cortilia, ad Amazon o a Deliveroo, per intenderci: voglio però che loro vengano da noi». Niente a che vedere con Fico, insomma: anche se alla fine ci sarà spazio per una food court, il Mercato di Milano rimarrà essenzialmente a vocazione B2b. I numeri dei quattro mercati all’ingrosso di via Lombroso – ortofrutta, ittico, fiori e carni – già oggi sono di tutto rispetto: oltre un miliardo di euro all’anno di merci scambiate, 10 milioni di consumatori serviti, 167 grossisti, 400 società e un flusso di oltre limila clienti tesserati che ogni giorno all’alba entrano ed escono dai suoi cancelli. Soltanto Roma, in Italia, è più grande. E per Ferrero è anche un modello da seguire: «Per una volta, l’esempio sono loro – racconta – che hanno già saputo trasformare gli spazi in piattaforme evolute in grado di offrire molti più servizi». Dopo anni di lunga attesa per avere la prima delibera al progetto, ora le tappe sembrano segnate e cosa accadrà al governo italiano da qui ai prossimi mesi non sarà un problema, visto che gli unici finanziamenti pubblici previsti sono quelli comunali: «Tra qui e il taglio del nastro del 2021 ci sono però 50 autorizzazioni che devono essere concesse da altrettanti enti diversi – dice Ferrero – l’ unico vero ostacolo può essere solo la burocrazia».

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